Aziende di successo – Ferrero, la golosità all’italiana che ha conquistato il mondo

Aziende di successo – Ferrero, la golosità all’italiana che ha conquistato il mondo

Aziende di successo

Di che nazionalità può essere una multinazionale che fattura (dati 2010/2011, quindi nel mondo post crisi 2008) 7,22 miliardi di euro, con un tasso di crescita annuale del 9,1 %? Un’azienda con 22.000 dipendenti, 38 compagnie operative per la vendita e 15 stabilimenti di produzione distribuiti equamente tra Europa e il resto del mondo?

Ma italiana, naturalmente! La Ferrero, colosso dolciario di portata planetaria, nata ad Alba nel lontano 1946 è ora, a detta di uno studio del Reputation Institute compiuto nel 2009 in 32 paesi, il marchio più affidabile e con la migliore reputazione al mondo secondo i consumatori, seguito dall’azienda svedese IKEA e dalla statunitense Johnson & Johnson.

Il motto del gruppo Ferrero è “Le buone idee conquisteranno il mondo” e i fatti, nel suo caso specifico, lo confermano pienamente.

Tutto nacque nel caos e nelle ristrettezze della Seconda Guerra Mondiale. Era il 1942 e Pietro Ferrero, nel suo piccolo laboratorio ad Alba, cercava di produrre dolci per la pasticceria della moglie. Purtroppo, in quel periodo, i beni di lusso come il cioccolato erano fortemente razionati. In periodi di crisi, le menti brillanti danno il meglio di loro e Pietro ebbe un’idea geniale: sfruttare un bene comunissimo nei boschi piemontesi, le nocciole, per produrre dolciumi. Creò così la pasta Gianduja, confezionata in “mattoncini” di carta stagnola che si potevano facilmente tagliare e spalmare sul pane.

Quest’ultima era un prodotto energetico, gustoso ed economico (5 volte meno del cioccolato), che aprì il mercato dolciario a tutti, non solo ai ricchi. Nel 1946, grazie al grande successo ottenuto, venne fondata l’industria e si procedette a mettere in piedi una capillare rete di vendita. Ben presto una vera e propria flotta di camioncini marchiati Ferrero trasporterà i nuovi prodotti in tutta Italia, e oltre.

Abbiamo detto prodotti al plurale, in quanto la Ferrero punterà sempre ad espandere la loro offerta di golosità. Nei primi anni ’50 Michele Ferrero, nipote di Giovanni Ferrero (nuovo proprietario dopo la scomparsa di Pietro nel 1949), voleva lanciare un nuova stecca di cioccolato chiamata Sultanino. Lo zio non era però troppo convinto della novità e bloccò tutto. Di nascosto il nipote ne produsse alcuni pezzi, che consegnò direttamente ai negozianti per effettuare un test diretto sui consumatori. L’indomani alla Ferrero cominciano ad arrivare telefonate e richieste per la nuova specialità.

Quando Michele salì al comando dell’azienda nel 1957 proiettò la Ferrero verso il successo internazionale. Basta citare i Mon Chéri, la Nutella, le merendine Brioss, l’immensa e famosissima sezione Kinder, l’Estathé, i Ferreo Rocher, le Tic Tac e così via.

Allo stesso tempo la produzione si allargò prima in Germania (a Stadtallendorf, presso Francoforte), poi in Francia e di seguito in Belgio, Olanda, Lussemburgo, Danimarca, Svezia, Svizzera e Gran Bretagna. Dopo aver letteralmente conquistato l’Europa, la Ferrero decise di sbarcare negli Stati Uniti nel 1969, aprendo un ufficio a New York.

Negli anni successivi questa avanzata non si fermerà, portando all’apertura di società in Portorico ed Ecuador, ma anche in estremo Oriente con sedi e fabbriche a Hong Kong, Giappone, e perfino in Australia.

La Ferrero, negli anni ’60, era diventata un’azienda talmente estesa e articolata che ebbe bisogno di una vera e propria sede centrale direzionale. I nuovi uffici a Pino Torinese, disposti all’interno di una struttura ad ampie vetrate e circondata dal verde, erano avanti anni luce per efficienza e bellezza estetica.

Fondamentale, nel processo di affermazione del marchio non fu determinante solo la qualità dei prodotti, ma anche, se non soprattutto, la loro promozione. La Ferrero si è sempre trovata all’avanguardia nel marketing e nella pubblicità.

Da una parte sfruttò il moderno sistema di comunicazione dell’epoca, la televisione, producendo non i brevissimi spot da pochi secondi, ma creando delle vere e proprie storie divertenti con personaggi che diventeranno di culto (come Jo Condor, il Gigante Buono o il celebre maggiordomo Ambrogio).

Dall’altra sponsorizzò grandi eventi sportivi, dove immancabilmente lanciava nuove linee di prodotti, come il 50° Giro d’Italia o i Mondiali d’Italia ’90, dove utilizzò come testimonial i più famosi calciatori del momento: Gullit, Vialli, Cabrini e Matthëus.

Ferrero è ancora oggi tra i maggiori investitori in pubblicità (in Italia e all’estero), con una politica di comunicazione caratterizzata da uno stile e una filosofia originale e sempre all’avanguardia sui suoi tempi.
È uno straordinario risultato che premia l’impegno quotidiano dell’azienda a garantire ai consumatori prodotti della più alta bontà, freschezza e qualità.

Nel 2011 è quindi scontata la sua partecipazione alle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia, dove ha lanciato una serie di confezioni speciali di prodotti simbolo dell’azienda, tutte rigorosamente in formato tricolore.

La politica del gruppo Ferrero è stata quella di espandersi all’estero, ma ha sempre tenuto conto della sua origine italiana. La sua vision, basata su una rigida tradizione familiare (tutti i titolari sono sempre stati figli o nipoti dei precedenti, formati fin da giovani in azienda), ha sempre curato con particolare cura il benessere dei dipendenti e delle sedi storiche.

Questa passione e affetto è stato sempre ricambiato dagli operai. Due esempi emblematici: nel 1948 e nel 1994 ci furono due grandi alluvioni che colpirono duramente la grande fabbrica di Alba: in entrambi i casi gli operai si misero di buona lena a spalare via la melma, salvare i macchinari e riattivare subito le linee di produzione insieme alla famiglia Ferrero e ai manager. Nella seconda occasione, nonostante gli ingenti danni, la fabbrica venne rimessa in funzione in appena due settimane e si riuscì comunque a rispettare tutti gli ordini presi coi clienti entro la fine dell’anno.

La storia della Ferrero ci insegna che l’imprenditoria italiana ha tutte le potenzialità per potersi affermare sia sul suo territorio nazionale che nel mondo. Non servono immense risorse economiche o rare materie prime, ma, come è successo con la pasta di noci, bastano delle idee grandi e coraggiose.

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